I motivi che inducono le aziende a richiedere interventi di valutazione delle competenze o del potenziale delle persone che lavorano al loro interno possono essere molteplici: definizione di percorsi di sviluppo mirati, passaggi di carriera, ricollocazione in posizioni differenti da quelle attuali, individuazione dei talenti, …
Quali che siano l’obiettivo dell’intervento e la popolazione cui questo si rivolge, il numero di persone coinvolte, il budget a disposizione, la metodologia e gli strumenti adottati, due cose non possono e non devono mai mancare: il rispetto per le persone coinvolte e la salvaguardia dell’etica.
RISPETTARE LE PERSONE, a mio avviso, significa costruire delle prove di valutazione che siano mirate ed adeguate a valutare le competenze di interesse per il cliente ma che, al tempo stesso, non siano mortificanti per i candidati. I processi di valutazione eccessivamente standardizzati tendono talvolta a non considerare sufficientemente il livello di scolarizzazione e culturale delle persone, ponendole di fronte a situazioni che dal punto di vista dell’osservazione e della valutazione delle competenze non forniscono alcun valore aggiunto ma che possono risultare mortificanti. Nella mia ventennale esperienza ho, purtroppo, visto somministrare critical incident scritti a operai ormai prossimi alla pensione e semi-analfabeti. Quale il valore aggiunto?
Altro aspetto su cui riflettere è la restituzione dei feedback ai candidati. Non sempre purtroppo è possibile prevedere tale attività, ma quando possibile rappresenta sicuramente un importante valore aggiunto per le persone ed un segnale di attenzione da parte dell’Azienda che, dopo averle coinvolte in un processo per loro faticoso e, probabilmente, fonte di ansia, restituisce loro le principali evidenze emerse ed alcuni spunti di riflessione utili alla crescita professionale. Segnale questo di attenzione e rispetto, coinvolgimento e responsabilizzazione dei singoli nei loro percorsi di sviluppo.
Il secondo importante tema è quello dell’ETICA PROFESSIONALE, che potremmo definire come l’insieme di valori che orientano l’azione del professionista. La nostra etica ci guida e ci indirizza nel modo in cui costruiamo la relazione con il cliente e con i candidati, in cosa diciamo e come lo diciamo, nell’attenzione che prestiamo alle differenti fasi del processo di lavoro e in molto altro ancora.
Ma guida anche la qualità del processo di valutazione che andiamo a disegnare e delle prove che progettiamo. La metodologia dell’Assessment Center prevede infatti che ciascun candidato sia osservato da più assessor e che svolga più prove. Ciascuna capacità oggetto del Profilo di competenze deve essere osservata e valutata durante prove differenti. Il processo che dall’osservazione delle prove arriva alla valutazione delle competenze, passando per l’inferenza deve essere rigorosamente rispettato.
Quante volte invece si vedono processi di Assessment Center che prevedono la valutazione esclusivamente attraverso un colloquio, con la pretesa di fornire una valutazione attendibile? Come possiamo pensare di prendere decisioni che impatteranno sulla vita professionale (e a volte non solo) delle persone se non siamo certi dell’affidabilità del processo di lavoro adottato? Personalmente ritengo che porre attenzione, investire pensiero e risorse, nella costruzione di un processo di valutazione efficace ed attendibile, coerente con gli obiettivi che ci si prefigge di conseguire, sia dovere di noi professionisti.